Il Mostro necessario

Con questo articolo continuiamo a pubblicare i pezzi extra-redazionali che, pur essendo bellissimi, non sono rientrati nella rivista di settembre 2019 dedicata al tema del Mostro (il pdf della rivista è scaricabile da QUI

Nietzsche, paure culturali e fantascienza apocalittica
di Elia Perrelli

copertinaI mostri non sono un’esclusiva della fantasia dei bambini. Perché i mostri, quelli veri, sono le paure recondite che abitano le profondità dell’animo umano, sono timori che si sedimentano nell’ombra e che finiscono per condizionare i pensieri e l’agire delle proprie vittime. Anche le società, in quanto insieme di individui, sviluppano al loro interno delle paure culturali relative al proprio tempo. A seconda delle credenze, delle idee e delle conoscenze di una data epoca e di una data cultura, alcuni  mostri prendono forma nell’immaginario condiviso dalla collettività. Nel medioevo, l’inferno, il demonio ed il maligno erano paure profondamente radicate nell’Occidente cristiano, ed ogni aspetto della vita ne era fortemente condizionato. Oggi, tra le varie inquietudini che caratterizzano la nostra epoca, ve n’è una particolarmente dominante: la paura di un’apocalisse che incombe su di noi, noi che ne siamo i fautori. Una sensazione che nasce sui drammatici sviluppi dell’energia atomica, dal momento che essi imposero all’uomo un’ampia riconsiderazione della propria influenza sugli equilibri del pianeta. In seguito, sulla base del progresso scientifico, questo sentimento cresce e si arricchisce di nuovi connotati. Diventano numerosi i campi dell’attività umana e le branche della scienza che si avventurano in aree controverse nonché inesplorate – come l’IA o l’ingegneria genetica – alimentando così le più svariate speculazioni catastrofiste. L’uomo inizia così a coltivare l’idea che il grande pericolo si celi proprio dietro alle sue conquiste scientifiche, capaci di sfuggirci di mano e distruggerci. James Berger, nel suo saggio dedicato al post-apocalittico, fa una puntuale osservazione: “nella fase finale del ventesimo secolo abbiamo avuto l’opportunità […] di vedere oltre la fine della nostra civiltà, di scorgere, in una strana sorta di retrospettiva prospettica, come si presenterebbe la fine” (“After the End: Representations of Post-Apocalypse”). Una carsica consapevolezza che ben presto sfocia in una fertile produzione letteraria, cinematografica, fumettistica e, in seguito anche videoludica che determinerà il consolidarsi del mostro nell’odierna cultura di massa. “Il dottor Stranamore” (Stanley Kubrick,’64), “Terminator” (James Cameron,’84), “L’esercito delle 12 scimmie” (Terry Gilliam, ’95), “Matrix” (sorelle Wachowski,’99)  – per citare alcuni cult del genere – sono tutte pellicole che si fondano su questa percezione. Che si tratti di guerra atomica, inquinamento, virus letali o rivolta delle macchine, il verdetto non cambia: l’uomo è artefice della propria distruzione. E questa sopita paura, nutrita negli anni dalle opere di fantascienza, trova infine, oggi, il suo compimento: il Climate Change. Il mostro ha dunque raggiunto la sua forma finale ed è tanto più spaventoso quanto più reale e tangibile. Lo sconvolgimento ambientale è un fenomeno in atto, un fatto incontestabile: le prove scientifiche che ne dimostrano la diretta correlazione con le attività umane sono a disposizione già dagli anni ’80 (cfr. J. Hansen, “Climate impact of increasing atmospheric carbon dioxide”). Da allora, studi e previsioni al riguardo non hanno fatto che aumentare; la comunità scientifica ha ribadito a più riprese la responsabilità umana su ciò che sta avvenendo. Emblematico a tal proposito l’articolo “World Scientist’s Warning to Humanity: a second Notice” pubblicato nel 2017 e firmato da più di quindicimila scienziati, in cui si avverte l’umanità dell’urgenza della situazione. L’articolo segue un primo allarme lanciato nel ’92 e in chiusura si avverte: forse non ce ne sarà un terzo. I richiami all’attenzione pubblica e alla politica non hanno mai sortito effetti, sono stati sempre ignorati o dissimulati e in alcuni casi persino derisi o diffamati. Ma ora la realtà dei fatti sta spazzando via tutte le nostre chiacchiere e le nostre illusioni, senza se e senza ma: gli effetti dello sconvolgimento climatico sono sotto i nostri occhi. Il mostro è uscito dall’armadio e sta bussando alla nostra porta. Una via d’uscita da questa situazione ce la indica Friedrich Nietzsche, il quale, nei suoi scritti più maturi, concentrò l’essenza della sua filosofia in un concetto chiave: l’eterno ritorno, intimamente legato all’amor fati. Scriveva così in “Ecce Homo”: “Ho scoperto come un altro e più forte tipo d’uomo debba necessariamente escogitare l’innalzamento e il potenziamento dell’uomo in un’altra direzione: esseri superiori, al di là del bene e del male… la mia formula per la grandezza dell’uomo è amor fati: non volere nulla di diverso, né dietro né davanti a sé, per tutta l’eternità”. L’amor fati, sebbene già proposto dallo stoicismo, viene qui innalzato a “stato più alto che un filosofo possa raggiungere”. In altre parole, la piena accettazione del destino in quanto scelta volontaria, attiva e affermatrice. Lo spirito dionisiaco dell’oltre-uomo auspicato dal pensatore è proprio questo: la propensione a trasformare ogni evento contingente in una necessità preziosa, al fine di amplificare e sviluppare la propria volontà. Oggi più che mai, abbiamo bisogno di recuperare questo potente pensiero vitale. Per fronteggiare la paura culturale dell’apocalisse, dobbiamo assumere la realtà della nostra epoca e accettarla. Dobbiamo affrontare il mostro, senza fuggire né indietreggiare: dobbiamo assumere il nostro presente senza riserve. L’angoscia deve così mutare in accettazione del destino; l’emergenza climatica deve essere compresa come una prova: un momento chiave nella storia dell’umanità senza il quale il progresso della nostra specie in una forma più etica e sostenibile sarebbe rimasto pura utopia. Accogliere questa sfida significa unire le forze per compiere un’impresa densa di meraviglioso significato: salvare il futuro della vita su questo pianeta. Ed è solo grazie ad una missione così grande e così dannatamente importante che potremo liberarci dalle illusioni, dalle menzogne e da tutto l’odio che sta avvelenando la nostra civiltà. Solo in questo modo il mostro può essere affrontato e sconfitto. Allora assisteremo, forse, all’alba di un’umanità migliore.

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Elia Perrelli è nato  ad Aosta nel 1995, diplomato al liceo artistico di Aosta. Studia filosofia all’università di Bologna. Tra i suoi interessi la biologia evolutiva, l’antropologia, la musica, la letteratura ed il buon cinema.

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