La madre dei Mostri è sempre incinta

Con questo articolo continuiamo a pubblicare i pezzi extra-redazionali che, pur essendo bellissimi, non sono rientrati nella rivista di settembre 2019 dedicata al tema del Mostro (il pdf della rivista è scaricabile da QUI

Mary Shelley, ovvero la moderna Medusa
di Debora Cassata

copertinaEsiste forse qualcosa di più spaventoso di una donna partoriente? Per quanto molti possano contestare l’idea, associando la figura della madre a quella del docile angelo del focolare che si prende cura dei suoi pargoli, io dico di no. Sembra che non vogliamo guardare in faccia la realtà: il parto è un evento splatter che terrorizza. Gli uomini in primis. A maggior ragione terrorizza se a partorire è una creatura rivoltante che, a sua immagine e somiglianza, genera creature rivoltanti. Fu questo il caso di Medusa, la donna mostro per eccellenza. Tutti quelli che la conoscono per la sua fama sanno che aveva serpenti al posto dei capelli, pietrificava con lo sguardo e venne decapitata da Perseo. Forse, però, è meno noto che, proprio nel momento della morte, partorì dalla testa recisa una serie di orride entità. Secondo il mito, serpenti a sonagli e basilischi furono solo alcuni degli esseri generati dalla Gorgone. Anche l’alato Pegaso e l’enorme Crisaore nacquero dalla donna mostro. Pronti a testimoniare tutto ciò, vi sono due grandi autori classici, uno greco, l’altro latino: Esiodo e Ovidio. Nella “Teogonia”, poema epico che narra la storia della mitologia greca delle origini, il primo afferma che “quando Perseo tagliò la testa di lei via dal collo, balzò fuori Crisaore grande e il cavallo Pegaso”. Il secondo, invece, si esprime attraverso le “Metamorfosi”, i cui versi raccontano che “dalla spoglia memorabile di quel mostro viperino caddero alcune gocce di sangue che la terra, assorbendole, animò in vari serpenti. Per questo quella regione è infestata da tanti serpenti”. Insomma, Medusa non ebbe figli normali. Così come non li ebbe una sua curiosa e romantica incarnazione: Mary Shelley. Dal punto di vista artistico, infatti, Mary Shelley, nel primo Ottocento, fu madre di mostri che ricordiamo ancora adesso e di cui manteniamo una cara memoria, soprattutto grazie al cinema. Se i mostri figli di Medusa nacquero dal sangue della Gorgone, il dottor Frankenstein e la nota creatura senza nome nacquero dall’inchiostro della penna della scrittrice. Tipicamente, si associa la parola “mostro” solo all’esperimento ricoperto di suture che uscì dal laboratorio dello scienziato svizzero, reso celebre soprattutto dall’interpretazione di Boris Karloff, che ne alterò molte caratteristiche; tuttavia, come non riconoscere la disumanità del gesto di Victor Frankenstein? Giocare a fare Dio non è mostruoso? Voler prendere il posto dell’Essere Supremo non è agghiacciante? E dare vita a una creatura composta da pezzi di carne non è aberrante? Curioso è il fatto che tutto ciò, se visto da un’altra prospettiva, può risultare la cosa più naturale del mondo. In fondo, donare la vita non è ciò che fanno le donne dall’alba dei tempi? Forse, il dottor Frankenstein giocò semplicemente a fare la donna. Fu così che Mary Shelley diede alla luce quella che chiamò la sua hideous progeny, cioè i suoi scritti. Ed è così che oggi possiamo notare un tocco femminile di mostruosità nel film “Frankenstein di Mary Shelley” di Kenneth Branagh, uscito nelle sale cinematografiche nel 1994. Ebbene sì: è proprio in questo film che viene mostrato il desiderio dello scienziato svizzero di avere un potere che possiedono solo le donne: quello di procreare. A indicare tutto ciò, sono le immagini della pellicola dedicate alla nascita della creatura senza nome: ambientate nel laboratorio di Victor Frankenstein, rivelano un singolare macchinario che, curiosamente, ha un aspetto del tutto simile a quello di un utero artificiale, riempito in abbondanza di vero e proprio liquido amniotico. Questo dettaglio del film è significativo, dal momento che è uno degli elementi che maggiormente offrono una chiave di lettura inedita anche dell’opera a cui è ispirato. Un’opera che, in fondo, ci racconta la storia di un moderno Perseo. Se il Perseo che tutti conosciamo, provando ribrezzo per Medusa, la uccise per appropriarsi del suo potere di creare statue, quello della Shelley prima si impossessò del potere di creare la vita e poi per questo provò ribrezzo e diede origine al famigerato interrogativo: What have I done?. Frankenstein scoprì dunque suo malgrado che, per ottenere il potere di Medusa, doveva diventare Medusa egli stesso. Questo inquietante gioco di specchi è un tema sviluppato da Jean-Pierre Vernant, grecista e studioso della mitologia classica che, nel saggio “La morte negli occhi”, approfondisce il tema delle figure dell’Altro nella Grecia antica. Proprio qui, a proposito del rapporto che l’uomo ha con il mostro, scrive: “La faccia di Medusa […] produce l’effetto di maschera semplicemente guardandoti negli occhi. Come se questa maschera non avesse lasciato il tuo volto, non si fosse separata da te che per fissarsi di fronte a te, come la tua ombra o il tuo riflesso, senza che tu possa staccartene. È il tuo sguardo che è preso nella maschera. La faccia di Medusa e l’Altro, il doppio di te, l’Estraneo, in reciprocità con la tua figura come un’immagine nello specchio […], ma un’immagine che ti afferrerebbe perché, invece di rimandarti soltanto l’aspetto della tua figura, di rifrangere il tuo sguardo, rappresenterebbe, nel suo ghigno, l’orrore terrificante di una alterità radicale, nella quale tu finisci per identificarti, diventando pietra”.
È attraverso queste parole che possiamo leggere il legame che si instaura tra Frankenstein e la sua bramosia, nonché la trasformazione del suo personaggio nel corso della storia. Una lenta trasformazione in un mostro. O, forse, in ciò a cui l’uomo dà il nome di “mostro”, poiché troppo grande, incomprensibile, sfuggente: una creatura che ha la capacità di partorire chimere mai viste prima. Esattamente come Mary Shelley, la moderna Medusa dalla cui testa fuoriuscirono mostri di carta e d’inchiostro.

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Debora Cassata è nata il 14 giugno 1991 in provincia di Bergamo. È un’amante dell’arte, della letteratura e della scrittura. Con il nickname di Merry Jekyll, gestisce un canale YouTube dedicato ai libri.

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